Questo progetto, che porto avanti da alcuni anni, non è di per sé nulla di nuovo. Già grandi pittori dell’Ottocento si cimentarono in serie di paesaggi rappresentati in momenti diversi dell’anno o della giornata (si pensi ai lavori di Constable sul cielo o a quelli di Monet sui paesaggi urbani), e non sono pochi i fotografi che si sono cimentati nel rappresentare le stagioni dell’anno riproducendo la medesima inquadratura. Il mio obiettivo, tuttavia, è diverso. Il mio scopo è mostrare, attraverso il ripetersi della stessa inquadratura, che la scena rappresentata, la scena che ci troviamo davanti agli occhi, non ha quella “realtà” che irriflessivamente siamo tentati di attribuirle. Osservando le seguenti immagini, potremmo trovare, come fattori comuni, il campo, l’albero, il cielo. Tuttavia, posti di fronti alla scelta della foto “vera”, quella cioè che rappresenta quello scampolo di natura nella sua “essenza”, ci troveremmo imbarazzati. Quanto vediamo al mattino non è lo stesso della sera, e ciò che ammiriamo a settembre differisce non di poco da quello che ci si presenta davanti agli occhi a febbraio o a maggio. La mutevolezza è continua, incessante, inesorabile. L’insieme delle foto ce lo attesta (e quest’insieme non è che un’infima selezione operata da un individuo). Quindi, alla fine dei conti, lo scopo di questo progetto fotografico è quello di trascendere la fotografia e, con essa, il senso della vista. Allo stesso tempo, però, vorrei con esso veicolare la meraviglia di fronte allo spettacolo, maestoso e cangiante, che la Natura ci pone di fronte agli occhi in qualunque angolo e momento la si osservi. Essa non esaurisce Quello che la determina e sostiene, e, allo stesso tempo, non si esaurisce nell’immane sforzo di mostrarceLo.
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